Gli anni 2000 hanno rappresentato una rivoluzione tecnologica incredibile. Lo sviluppo di cellulari, smarpthone, tablet, smartwatch e pc sempre più performanti ha permesso di rimanere sempre collegati con l’universo di internet tramite una diffusione capillare di reti wi-fi, 3g ed LTE. Chi di noi non ha un router wi-fi a casa? Chi non ha mai usato una chiavetta hot spot per rimanere sempre connessi anche nella casa al mare o in montagna dove non si ha rete fissa? La società in cui ci troviamo è ormai completamente immersa “nel mare” di onde elettromagnetiche generate dalla tecnologia che ci circonda. Una tecnologia senza rischi per la salute? Scopriamolo assieme con una revisione della letteratura (aggiornata al 09/08/2015) , Buona lettura! 

 

Cosa sono i campi elettromagnetici?

I campi elettromagnetici sono “aree invisibili di energia” prodotte dall’elettricità. Un campo elettromagnetico è prodotto dal voltaggio, il quale rappresenta in modo molto semplificato la pressione usata per spingere gli elettroni attraverso un filo.

Più il voltaggio si intensifica più aumenta la forza del campo; al contrario più la distanza dalla sorgente aumenta più la forza diminuisce. Tutti i dispositivi elettronici sono in grado di produrre campi elettromagnetici più o meno intensi, ma non solo. Per esempio le particelle cariche che si accumulano nell’atmosfera dopo i temporali generano campi elettrici, mentre la Terra possiede un proprio campo magnetico. Accanto alle sorgenti naturali, ne esistono anche molte artificiali: televisori e schermi del computer, forni a microonde, telefoni cellulari, rasoi elettrici, asciugacapelli, ma anche alcuni dispositivi sanitari come gli apparecchi per radiografie, TC e risonanze magnetiche.

Esistono 3 principali tipi di campi, divisi in base alla frequenza:

  • campi a frequenza estremamente bassa (fino a 300 Hertz), ad esempio i normali dispositivi elettrici presenti nelle nostre case;
  • campi a frequenza intermedia (tra 300 Hertz e 10 Mega Hertz), ad esempio i computer;
  • campi a radiofrequenza (da 10 MegaHertz a 30 GigaHertz), come radio, televisione, antenne per la telefonia cellulare e forni a microonde.

NB: Per semplicità quando nell’articolo si parlerà di “onde elettromagnetiche” si farà particolare riferimento a quest’ultima categoria

Cellulari, cordless e smartphone possono causare tumori all’encefalo?

Veniamo subito al dunque, la relazione tra utilizzo di cellulari ed aumentato rischio di tumori è una questione aperta da più di 20 anni. Alcune ricerche affermano come un incremento di tumori al cervello legato a questo fenomeno sia improbabile dato che l’incidenza di neoplasie cerebrali non è aumentata in modo cosi significativo in questi decenni. Al contrario altri studi dimostrano una piccola seppur significativa associazione tra utilizzo di dispositivi mobili ed aumento di cancro. Siddhartha Mukherjee (MD,PhD) professore di medicina presso la divisione di Oncologia Medica dell’università della Columbia ed autore di “The Emperor of All Maladies: A Biography of Cancer” spiega chiaramente come una delle sfide più difficili in ambito epidemiologico sia quello di svelare una eventuale relazione tra esposizione ad un fenomeno comune e molto diffuso, come l’utilizzo di cellulari, e lo sviluppo di un tumore raro, come i tumori del SNC. Uno dei metodi più affidabili per ottenere risposte scientifiche in questo ambito è l’uso di studi caso/controllo, i quali comparano soggetti con e senza tumori encefalici in base alla loro avvenuta esposizione o meno ad onde elettromagnetiche. Questi studi epidemiologici ad oggi, comunque, non hanno apportato risultati uniformi, ma vediamone alcuni.

“Cronistoria” degli ultimi studi

Nel 2009 Michael Kundi (PhD), a capo dell’istituto di Environmental Health of the Medical University of Vienna revisionò 25 studi caso-controllo condotti nei passati 10 anni, due dei quali dimostrarono un follow up superiore a 10 anni. Si notò un aumento generale del rischio di glioma e neurinoma dell’acustico. Il più grande scoglio fu però la grande eterogeneità dei vari studi che non permisero di sviluppare conclusioni stabili. Per esempio uno studio del 2005 evidenziò come l’uso di cellulari fosse associato ad un rischio diminuito di sviluppare gliomi ad altro grado, implicando un effetto protettivo, ed un rischio invariato per i gliomi a basso grado ed i meningiomi. Nel 2010 furono poi pubblicati i risultati del più grande studio caso-controllo mai effettuato: 13 nazioni, 51.117 casi di tumore all’encefalo e 5634 controlli per un tempo di follow up di 10 anni. Gli autori riportarono un rischio ridotto di sviluppare glioma e meningioma per gli utilizzatore “regolari” di cellulari ed un rischio elevato di sviluppare glioma per i soggetti esposti maggiormente alle radiazioni emesse dai cellulari, dovute ad uso più intensivo. Tuttavia  dal punto di vista biologico si notò subito la scarsa plausibilità dei risultati: come era possibile che le onde emesse dai cellulari in base all’esposizione proteggessero verso alcuni tumori encefalici ed aumentassero il rischio verso altri? Ancora una volta le conclusioni risultarono quindi dubbie ed inconsistenti.

Qual è il razionale biologico allora dietro questi studi?

I cellulari emettono radiazioni non-ionizzanti, le quali, al contrario di quelle ionizzanti, non hanno abbastanza energia per causare un danno diretto al DNA. Queste radiofrequenze cadono nel range di 450-2700 Mhz, che è un valore sufficiente però per attivare alcune reazioni chimiche.  Esperimenti su animali non hanno attualmente portato a nessun risultato rilevante. Solamente in alcuni studi effettuati su topi pare che le radiazioni abbiano dimostrato una potenziale capacità di danneggiare le cellule cerebrali.
“Quindi non c’è motivo di pensare che le onde elettromagnetiche causino tumore?”
Non è proprio così
. L’energia emessa dai dispositivi mobili potrebbe lasciare una impronta a livello delle nostre cellule in modo indiretto. Per esempio, potrebbero ridurre la produzione di proteine note per difenderci dallo sviluppo di neoplasie. In uno studio del 2011 pubblicato da JAMA (Nora Volkow, MD) è stato posizionato un cellulare attivato o disattivato vicino all’orecchio di 47 partecipanti, il risultato è stato il riscontro di un aumento del metabolismo di glucosio nei soggetti esposti per 50 minuti ai dispositivi accesi nelle regioni encefaliche più vicine all’antenna. Questo studio non ha riportato nessun dato a favore della relazione con lo sviluppo di tumori tuttavia ha evidenzia una possibile interazione con la funzione cerebrale. Altre ricerche hanno dimostrato alterazioni della cromatina dopo esposizione prolungata a onde elettromagnetiche; la cromatina è un complesso di proteine e
DNA che aiuta nel regolare l’espressione di geni e prevenire il danneggiamento del DNA stesso, interazioni di questo sistema potrebbero essere responsabili della genesi di alcuni tumori

I bambini hanno un sistema nervoso in accrescimento, forse più suscettibile a determinati agenti lesivi: sono stati eseguiti studi sui soggetti in età infantile?

Sono stati analizzati diversi studi dividendo l’esposizione in 3 diverse categorie:

1)Esposizione domiciliare da linee elettriche: pare esista un piccola evidenza che l’esposizione prolungata e non sporadica a campi elettromagnetici generati in prossimità di linee elettriche  possa causare leucemia, tumori cerebrali o altri tipi di tumori in soggetti in età infantile.
2)Esposizione in casa: la grande maggioranza degli studi non ha trovato associazione tra campi elettromagnetici casalinghi e sviluppo di tumori. Solo in alcuni casi sono stati riscontrate deboli associazioni, nelle pochissime residenze in cui erano presenti livelli di campi magnetici molto alti.
3)Diversi studi hanno esaminato la possibile associazione tra esposizione materna o paterna ad onde elettromagnetiche prima del concepimento o durante la gravidanza e il rischio di sviluppare cancro nei loro futuri bambini. I dati sono risultati inconsistenti.

Quindi le onde sono cancerogene o no?

Ad oggi non esiste una risposta corretta a questa domanda. Lo IARC (International Agency for Research on Cancer), la branca di ricerca della WHO, ha classificato i campi di radiazioni elettromagnetiche come possibili cancerogeni per l’uomo sulle basi di studi epidemiologici e su animali. La categoria è 2B,  il che significa che l’associazione è credibile, ma che non possano essere esclusi bias o confondenti in grado di alterare i risultati.

Quali altri cancerogeni classificati nella categoria 2B come le onde elettromagnetiche conosciamo?

L’agenzia IARC ha creato un elenco suddividendo le varie sostanze in base alla loro possibile azione cancerogena secondo il seguente schema classificativo:

 

287 sostanze sono state incluse come possibili cancerogeni, esattamente come le onde elettromagnetiche (2B). Tra queste, forse meno pubblicizzate, si ricordano sostanze decisamente comuni nell’esperienza medica di tutti i giorni come per esempio il fenobarbital, l’idroclorotiazide, la griseofulvina, il metronidazolo, il nickel, la digossina ed il progesterone. Rientrano in questa categoria anche sostanze naturali quali l’estratto di ginco biloba, l’aloe vera, il caffè e le verdure sottaceto.
Per fare un confronto gerarchico: l’alcol appartiene alla categoria 1 (due classi di rischio sopra alle onde elettromagnetiche) in quanto considerata sostanza sicuramente cancerogene.  Il chemioterapico alchilante cisplatino appartiene alla categoria 2A, una categoria sotto l’alcol ed una sopra le onde elettromagnetiche. Mentre alla categoria 1, nella stessa categoria dell’alcol, appartiene per esempio la combinazione di 3 chemioterapici: etoposide, cisplatino e bleomicina.

LINK AL DATABSE IARC

 

Quali le criticità della relazione tra tumori ed onde elettromagnetiche?

 

 

 

ALCUNE IMPORTANTI DOMANDE RIMANGONO ANCORA IRRISOLTE E RAPPRESENTANO IL FULCRO DELLA NON UNIVOCA INTERPRETAZIONE DI QUESTI STUDI!

 

 

  1. Per quale motivo non si riscontra un aumento di incidenza di tumori della pelle come basaliomi, spinaliomi o melanoma nella parte del volto con cui si usa maggiormente il telefono? Le cellule della cute hanno una divisione decisamente più elevata rispetto alle cellule di schwann o della della glia, quindi dovrebbero essere più suscettibili.
  2. L’aumento di incidenza riscontrato in alcuni studi è davvero legato all’esposizione alle onde oppure si tratta di una conseguenza di miglioramenti diagnostici che hanno permesso di individuare precocemente tumori grazie all’uso sempre più appropriato e diffuso di esami strumentali, tra cui la risonanza magnetica?
  3. Perché il lato dove il tumore cerebrale si sviluppa non sempre correla con il lato dal quale si posiziona il telefono?
  4. Come mai a livello delle zone dove il cellulare è tenuto in tasca (genitali, inguine, radice della coscia) non si ha nessun aumento dell’incidenza di tumori in organi e tessuti?
  5. Come arginare il cosiddetto “recall bias” dovuto ad errori nel riferire dati anamnestici di esposizioni a radiazione elettromagnetiche da parte dei soggetti inclusi negli studi?

Raccomandazioni

Sebbene in letteratura non si trovino indicazioni comportamentali associate alle classiche “forza delle raccomandazioni” l’uso coscienzioso e non spasmodico di tutti gli apparecchi emittenti è comunque consigliato poiché qualsiasi possibile effetto sulla salute di queste onde avrebbe un impatto importante a livello della salute pubblica vista la diffusione ubiquitaria di dispositivi emittenti nella vita di tutti i giorni (ufficio, casa, lavoro, città, parchi ecc ecc). Attualmente non esistono vere raccomandazioni comportamentali essendo dubbie le evidenze. Pare verosimile però che gli effetti di questo tipo di radiazioni siano più importanti con l’aumentare della durata di esposizione (oltre 25 anni).

Morgan et al. hanno creato alcune semplici “regole”utili a scopo precauzionale, riguardanti in particolar modo soggetti in età infantile:

1) La distanza come soluzione facile al “problema”:  l’intensità della radiazione diminuisce all’inverso del quadrato della distanza dalla sorgente . Questo significa che avere un cellulare a 15 cm dall’orecchio garantisce una riduzione del rischio di circa 10000 volte.

2) A meno che un cellulare non sia spento continua ad emettere radiazioni (non è consigliato tenere il cellulare acceso sotto al cuscino per tutta la notte come diversi ragazzi fanno).

3) Dal momento che le donne in gravidanza risultano soggetti particolarmente a rischio, anche se non sono presenti evidenze a riguardo, in via del tutto precauzionale è bene evitare apparecchi emittenti sull’addome della madre o comunque limitarne l’uso.

4) L’eventuale danno sembrerebbe essere cumulativo, per questo motivo è bene che i bambini riducano l’utilizzo dei cellulari spegnendoli di notte o comunque usandoli in modo limitato anche di giorno.

5) Routers Wi-Fi dovrebbero essere posizionati in una zona lontana rispetto a quella dove i bambini spendono maggior tempo nella giornata

Conclusioni

Il “panico da radiazioni elettromagnetiche” è in assoluto da evitare. Se da un punto di vista di salute pubblica l’eventuale aumento di tumori cerebrali rappresenterebbe un problema considerevole (assumendo di considerare l’aumento di incidenza su grandi popolazioni), dal punto di vista della persona, l’aumento di rischio di un tumore già considerato poco frequente rappresenterebbe un rischio per il singolo verosimilmente basso. Per esempio se l’incidenza di una malattia nella popolazione nell’arco di un anno fosse paradossalmente di 50 persone affette su 100 in totale, un aumento dei casi del 50% legati ad un determinato agente vorrebbe dire aumentare  l’incidenza in modo rilevante a 75 persone affette su 100 (50 + 25). Ma se l’incidenza di una malattia nella popolazione fosse di 0,1 persone su 100, un aumento dei casi del 50% vorrebbe dire un amento di incidenza a 0,15 persone affette su 100, un valore comunque molto basso, nonostante l’elevatissimo aumento percentuale di casi. Si ricorda come le neoplasie cerebrali siano fortunatamente una patologia non così frequente. Questo, unito alla conoscenza di altre sostanze in categoria 2B come (come il caffè per i tumori della vescica),  sicuramente non rappresenta un motivo valido per ignorare il problema, ma altrettanto sicuramente ridimensiona in parte “l’allarmismo” che a volte viene espresso dai media. Le giuste precauzioni vanno prese con molta serietà e ulteriori studi saranno fondamentali per indagare meglio l’entità della situazione. Tuttavia i  telefoni cellulari dal momento della loro invenzione hanno salvato più vite di quanto verosimilmente potranno influire sulla salute nel momento in cui si dimostrasse un legame solido con lo sviluppo di neoplasie. Ad ora un atteggiamento di cautela è comunque la scelta più responsabile rispetto ad un problema di cui non abbiamo evidenze forti ma per il quale il tempo potrebbe rivelare alcune sorprese particolarmente impattanti sulla salute pubblica. Il fatto che ad oggi non esistano evidenze importanti non vuol dire che non vi sia una vera correlazione tra tumori ed onde elettromagnetiche.

Nel bene o nel male il metodo scientifico prevede che una verità sperimentale sia considerata tale…..fino a prova contraria.

AUTORE

Daniele Angioni

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